Porto di Catania contaminato da fanghi tossici e “Non si può fermare la bonifica”

I ritardi nei pagamenti alla Tecnis SpA da parte dell’Autorità portuale rischiano di avere gravi ricadute ambientali visto che una parte del cantiere per la costruzione della darsena commerciale – adesso a rischio chiusura – è impegnato nella bonifica dei fondali del porto pericolosamente contaminati.
I fondali del porto sono contaminati da fanghi tossici. La Tecnis, realizzando la darsena, sta eseguendo la bonifica, ma l’Autorità portuale non paga da mesi e il cantiere rischia il blocco, mentre la stagione balneare della Playa entra nel vivo. 

CATANIA – I ritardi nei pagamenti alla Tecnis da parte dell’Autorità portuale rischiano di avere gravi ricadute ambientali visto che una parte del cantiere per la costruzione della darsena commerciale -adesso a rischio chiusura- è impegnato nella bonifica dei fondali del porto contaminati da fanghi Ipa contenenti idrocarburi. Una situazione di vera e propria emergenza che l’imprenditore Concetto Bosco rivela a Livesicilia durante un sopralluogo.

Quello specchio d’acqua incastonato tra il molo di levante e la foce del torrente Acquicella è contaminato da fanghi contenenti idrocarburi. “Probabilmente -svela Bosco a Livesicilia- sono stati riversati da navi di grande stazza durante gli anni ’50 e ’60, ma dalle nostre ricerche ambientali sospettiamo che possano essere arrivati anche dal torrente Acquicella, che attraversa la zona industriale di Catania”.

Il risultato è che alla profondità di 7 metri inizia lo strato di sedime contaminato, la Tecnis sta dragando i fondali e deve arrivare a meno 15, ha rispettato tutte le scadenze contrattuali, i lavori dovevano essere completati entro luglio, ma l’Autorità portuale non paga da gennaio.

LA BONIFICA- Il ticchettio dell’orologio è determinante per la riuscita delle operazioni di bonifica, l’ingegnere Concetto Bosco e il pool di esperti della Tecnis, dopo aver individuato l’area da bonificare, hanno recintato un vasto tratto del porto per evitare che, durante il dragaggio, i fanghi possano diffondersi e arrivare sino alle zone balneari, distanti poche centinaia di metri.

Si tratta di un’operazione a cuore aperto. “La bonifica di questi fanghi -continua Bosco- prevede alcuni passaggi che non possono essere interrotti per alcun motivo”. La prima fase prevede il sollevamento dei fanghi che vengono posizionati in un’area coibentata con speciali guaine saldate termicamente. Le acque di scolo vengono filtrate, purificate e smaltite. A conti fatti, si tratta di diverse decine di migliaia di metri cubi di sostanze tossiche che, in caso di blocco del cantiere, stazionerebbero a cielo aperto con il rischio dell’esposizione non controllata agli agenti atmosferici e conseguenze che nessuno può prevedere.

“Oltre alle nuove banchine -spiega la Tecnis- è previsto anche il “dragaggio selettivo” di parte del porto e dell’avamporto, ove per “selettivo” si intende il dragaggio con “benne ambientali a tenuta stagna” in aree predeterminate dalle analisi puntuali dei fondali, al fine di selezionare le sabbie e separare quelle che presentano una presumibile contaminazione da idrocarburi (classificate di tipo “B” a medio basso inquinamento nella tabella ICRAM –APAT) , caratteristiche tipiche dei porti, da quelle che possono essere sversate a mare”.

Secondo i dati in possesso dell’impresa catanese, “le sabbie (medio basse) inquinate sono appena il 10% di quelle riutilizzabili”.

La Tecnis spiega che “la classificazione del materiale inquinato è stata fatta attentamente in sede progettuale dagli enti istituzionali preposti ai controlli (ARPA ed ISPRA). Il progetto esclude infatti trattamenti tipici destinati a materiali pericolosi, ma solo cautele ambientali , per le quali certamente sono escluse le condizioni di riutilizzo di materiali che possono provocare la morte di un individuo. Il fraintendimento nasce probabilmente dal fatto che per la sabbia inquinata da idrocarburi – che è stata ormai integralmente asportata dai fondali – è stato previsto il riutilizzo come materiale di riempimento, confinato in aree della nuova darsena conterminate, impermeabilizzate e tombate con pavimentazioni in calcestruzzo per evitare la contaminazione dei terreni limitrofi, nel rispetto delle norme ambientali.

ll cantiere è stato ed è tuttora continuamente monitorato grazie alla presenza di centraline mobili e prelievi frequenti di acqua marina effettuati dagli organi di controllo ambientale, in coerenza con piani di monitoraggio previsti dalla legge, e mai si sono registrati nell’acqua e nell’aria livelli di pericolosità tali da costituire allarme o pericolo”.

I RITARDI NEI PAGAMENTI- Tecnis sta realizzando una grande darsena all’interno del porto, opera che servirà a spostare verso la spiaggia della Playa il traffico commerciale e tutti i container che attualmente impediscono il transito dei cittadini all’interno del porto. Il risultato sarà quello di restituire il porto alla città e spostare lo spazio doganale in un’area che si avvarrà di servizi e grandi infrastrutture.

Per realizzare quest’opera, Tecnis ha assunto 150 operai che movimentano ruspe, camion, betoniere, e la più grande draga, lunga 120 metri, del mondo. Costo, circa 150 mila euro al giorno.

All’improvviso, mentre tutto sembrava procedere per il meglio, la liquidità a disposizione del committente, cioè l’Autorità portuale, è sostanzialmente “sparita”. Il ministero dell’Economia aveva fatto un bando per finanziare con un mutuo la realizzazione dell’opera. Il bando è stato aggiudicato nel 2005 alla banca Dexia a fronte di determinati tassi d’interesse, trascorsi 9 anni la banca non ritiene più vantaggiosi gli interessi e non eroga il mutuo. Senza erogazione, il contratto stipulato tra la banca e l’Autorità portuale dovrebbe essere rescisso. E chi dovrebbe farlo? L’Autorità portuale, che contemporaneamente dovrebbe avviare un nuovo procedimento per ottenere un nuovo mutuo le cui rate dovrebbero essere pagate dal Ministero dell’Economia.

Tutto fermo. La Tecnis si trova davanti a due strade: chiudere il cantiere e bloccare i lavori iniziando un lungo contenzioso, durante il quale i 24 milioni di euro di crediti non è certo quando verranno corrisposti, oppure continuare a lavorare esponendosi sempre maggiormente con le banche.

Il nuovo commissario Giuseppe Alati, romano nominato dal ministero delle Infrastrutture a marzo, aveva comunicato a Livesicilia di confidare nello sblocco di diversi milioni di euro entro giugno, fatto non avvenuto. Nel frattempo l’impresa si trova constretta a fronteggiare una crisi finanziaria dovuta ai crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione.

Sullo sfondo c’è la bonifica dei fanghi tossici che non può essere interrotta e la politica che non batte ciglio.

Fonte: LiveSiciliaCatania